mercoledì 24 aprile 2013

La Casta

Casta, Sistema

Durante la repubblica di Weimar, era abituale riferirsi alla struttura politico-partitica con il termine "sistema" [System]. Questo termine continuò a essere usato negli anni del nazismo: per strano che possa sembrare oggi, la "casta" nel linguaggio comune dei tedeschi del primo dopoguerra continuò a riferirsi ai politici della repubblica di Weimar, non al regime nazista.

Ecco un frammento sorprendente dall'interrogatorio di Johannes Popitz, tecnocrate conservatore della repubblica di Weimar, poi ministro delle finanze del Land di Prussia sotto il nazismo, arrestato dopo l'attentato a Hitler del luglio 1944:
Johannes Popitz

Data la mia familiarità con le condizioni del periodo del Sistema [Systemzeit], la mia visione della questione ebraica era che gli ebrei dovessero scomparire dalla vita dello stato. Tuttavia, per quanto riguarda i metodi, ho più volte raccomandato un approccio più graduale, soprattutto alla luce delle considerazioni diplomatiche [...]. La questione ebraica doveva essere necessariamente affrontata, la rimozione [degli ebrei] dallo stato e dall'economia era inevitabile. Ma l'uso della forza che portava alla distruzione della proprietà, ad arresti arbitrari e alla distruzione della vita non poteva essere riconciliata con la legge e con la moralità e, inoltre, mi sembrava avere implicazioni pericolose per la disposizione delle persone verso la proprietà e la vita umana.

Alla fine di una guerra già perduta, arrestato senza via di scampo (sarà impiccato all'inizio del 1945), Popitz continua tuttavia a percepire il "sistema" della repubblica di Weimar come il vero male, e i crimini ineffabili dei nazisti - a lui, che in almeno due occasioni aveva avuto la possibilità di parlare privatamente con Himmler per coinvolgerlo nel complotto contro Hitler, evidentemente ben chiari - come "eccessi" sulla via della necessaria esclusione di coloro che percepiva come i principali responsabili del caos weimariano: gli ebrei tedeschi.

Queste allucinazioni della personalità collettiva sono auspicabilmente irripetibili: ma l'odio per una "casta" considerata responsabile di tutti i mali può portare molto più lontano di quel che si immagini. Già ora, di tanto in tanto si leggono nei blog e nei commenti agli articoli - soprattutto da parte dei lettori ammaliati dai movimenti antiparlamentari - visioni mortifere nei confronti dei politici reprobi; né mancano occasionali riferimenti antisemiti, per lo più mascherati da polemiche contro la finanza internazionale (qualificata, oggi come allora, di giudaico-massonica) e da antisionismo.

Ecco un estratto del commento di un lettore del Fatto Quotidiano a un articolo del 14 settembre 2012 che si interrogava sui "veri" motivi del (brevissimo, peraltro) incarico di Antonio Ingroia in Guatemala:

Perchè in Guatemala? In esilio ! Ha osato ,assieme a pochi altri, gridare che il Re è nudo. La mafia a da tempo colonizzato lo Stato. La mafia è stata nominata dalla grande finanza Anglo-Americo-Ebraica [...]

Sicuramente un commento isolato, che tuttavia "piace" a tre anonimi lettori del Fatto.

lunedì 22 aprile 2013

Nomenklatura II

Famiglie rosse, famiglie nere

Alfred Hugenberg
Nei filologicamente discutibili, parzialmente apocrifi, ma sostanzialmente veritieri Discorsi a tavola raccolti dai sodali di Hitler e pubblicati dopo la guerra, il dittatore tedesco si mostra sprezzante verso i politici dei partiti costituzionali che erano soliti guardarlo con condiscendenza dall'alto delle loro relazioni familiari e della presunta abilità ereditaria nel manovrare i meccanismi della politica.

Un particolare disprezzo Hitler riserva a Karl Hugenberg, il leader del Partito Popolare Tedesco-Nazionale (DVNP), giudicato "molto più stupido di Thälmann" (il segretario del Partico Comunista Tedesco, morto in campo di concentramento). Hugenberg, figlio di deputato e solidissimo al centro dell'establishment politico völkisch dopo aver a lungo complottato con Papen e Schleicher, convinto di poter manipolare i nazisti praticando forme di scouting, si trova sempre più emarginato dal potere, fino all'umiliazione di sedere nel Reichstag come "politico ospite", non iscritto al partito, fino al 1945.

In fatto di familismo della gauche (con qualche incursione nelle altre direzioni politiche), nulla illustra meglio del caso della famiglia allargata Berlinguer l'intreccio indelebile di parentela, occupazione del potere politico e giornalistico che tanto caratterizza questo assolato, e sfortunato, paese:

  • Enrico Berlinguer, figlio del deputato e senatore repubblicano (e massone) Mario e nipote del cavalier Enrico senior (fondatore della Nuova Sardegna), diventa segretario del PCI dal 1972 alla morte, nel 1984.
  • Il fratello Giovanni, già deputato del PCI, del PDS, dei DS, candidato di minoranza alla segreteria dei DS, è deputato europeo. 
  • Il cugino Luigi, più volte deputato per PCI, PDS e DS, ministro della Pubblica Istruzione dal 1996 al 2000 (e autore di una riforma universitaria generalmente considerata disastrosa), a lungo rettore universitario - a Siena, negli anni d'oro del Monte dei Paschi (dei cui organi di "controllo" ha a lungo fatto parte), - è attualmente presidente della Commissione di Garanzia del PD (quella che ha respinto, tra l'altro, i ricorsi dei renziani nel corso delle primarie).
  • Aldo Berlinguer, figlio di Luigi, diventato professore universitario a 28 anni, prim'ancora di terminare il dottorato, è membro del CdA di Antonveneta.
  • Il figlio della cugina di Enrico, Francesco Cossiga, è stato leader nazionale della DC e presidente della repubblica dal 1985 al 1992.
  • Il figlio di Francesco Cossiga, Giuseppe, è stato deputato del centrodestra dal 2001 al 2013.
  • Il figlio di Enrico Berlinguer, Marco, già membro del Comitato Politico Nazionale di Rifondazione Comunista, ha collaborato con Pubblico, quotidiano diretto dal compagno di sua sorella.
  • La figlia di Enrico, Bianca, storica conduttrice del TG3 (il "Telekabul" che la spartizione della RAI ha da sempre associato al PCI e ai suoi successori PDS, DS e PD), ne è direttrice dal 2009.
  • La sorella di Bianca, Laura, è giornalista di Studio Aperto.
  • Il compagno di Laura, Luca Telese, collabora con il Giornale dal 1999, passando nel 2009 Fatto quotidiano e dirigendo nel 2012 la disastrosa impresa di Pubblico, di cui era comproprietario con - fra gli altri - Marco Berlinguer e Lorenzo Mieli, figlio di Paolo e nipote di Renato Mieli, direttore dell'edizione di Milano dell'Unità nel dopoguerra.
I genitori di Enrico e Giovanni Berlinguer con un parroco
Se il familismo è il male italiano per eccellenza, e se la sinistra dovrebbe combatterlo più di ogni altra cosa, tutto lascerebbe supporre che sia stata preferita una cura omeopatica.

Il dramma è che questo stato di cose è implicitamente tollerato, scusato, considerato normale da una quota preoccupante dell'establishment politico e del micro-establishment degli attivisti politici della sinistra parlamentare: l'idea inquietante (fortunatamente sfumata) di proporre Bianca Berlinguer - che, non fosse figlia di cotanto padre, sarebbe giudicata una mediocre giornalista (di cui non si saprebbe menzionare un servizio memorabile) e una direttrice scialba, di cui invano si tenterebbe di descrivere la linea editoriale,  - come candidato sindaco di Roma per il centro-sinistra è evidentemente frutto della fascinazione per il potere "dinastico" che tanto attrae, per paradosso, chi dovrebbe considerare il merito unico criterio di scelta.

Il disastro dell'ultimo erede del partito "dinastico" e l'illusione, presto fallita, di manovrare i movimenti antiparlamentari, dividendoli al loro interno e annettendoli, riunisce tristemente al crepuscolo la seconda repubblica di Weimar alla prima.

Nomenklatura I

Il figlio del Presidente e il genero del Segretario

Oskar von Hindenburg
Negli ultimi anni della repubblica di Weimar, il circolo familiare e amicale del presidente Hindenburg assunse un ruolo sempre più ampio, inversamente proporzionale alla perdita di potere effettivo dei partiti tradizionali. In particolare, il Generalleutnant Oskar von Hindenburg, figlio del presidente e suo aiutante di campo ufficiale, avrebbe giocato un ruolo importante nel consigliare la nomina a cancelliere prima di Schleicher e poi di Hitler. Lo scrittore ebreo tedesco Kurt Tucholsky chiese ironicamente quale articolo della costituzione tedesca prevedesse la carica di "figlio del presidente".

Uno dei punti di forza del nascente movimento nazista è la sostituzione alla corruzione e al familismo degli anni weimariani di una notevole meritocrazia, sia pur sempre più misurata sulla risoluzione nel mettere in atto misure brutali.

In questo tramonto della seconda repubblica di Weimar, i dibattiti politici televisivi rappresentano vividamente, o meglio carnalmente, gli inestricabili legami familiari che caratterizzano, in questo paese, la sinistra ben più che la destra.

Il figlio di Maurizio Ferrara, intervistato dal genero (postumo) di Enrico Berlinguer - se non direttamente dalla figlia di quest'ultimo (a sua volta nipote di due leader del PD), - polemizza con il programma di riforma del PD presentato dal figlio di Luciano Barca, con l'intervento super partes del figlio di Renato Mieli, per commentare la rielezione di Giorgio Napolitano.

Sostanzialmente, i telespettatori assistono - senza saperlo - a una direzione del PCI per interposto parente.

Luciano Barca e Giorgio Napolitano
Come avviene in Sicko, il film di Michael Moore sulla sanità americana, con i contributi dell'industria farmaceutica alle campagne elettorali dei membri del governo, all'esordio di questi dibattiti dovrebbero comparire sovraimpressioni che ricordino i rapporti di parentela politica, diretta e indiretta, dei partecipanti.

Questo aiuterebbe la traduzione delle affermazioni apparentemente relative all'attualità in termini di antiche rivalità, odi giammai sepolti, adolescenziali rancori.

Al contrario, anche ai grillini, come ad altri movimenti antiparlamentari, non si può sinora obiettivamente rimproverare una tendenza al nepotismo.

domenica 21 aprile 2013

La seconda repubblica di Weimar

Brüning, Hindenburg, Grillo: il crepuscolo della seconda repubblica

Il 29 marzo 1930, al termine di una lunga crisi di governo, il presidente tedesco Paul von Hindenburg nomina cancelliere il tecnico Heinrich Brüning, un economista relativamente apolitico, benché membro dello Zentrum (il partito rappresentativo dell'elettorato cattolico), sostenuto da una grande coalizione.

Il "governo tecnico" Brüning 
Per liberare la Germania dal peso delle riparazioni di guerra e per combattere la crisi finanziaria che dagli Stati Uniti sta raggiungendo l'Europa, questo "governo del presidente" (Präsidialkabinett, conosciuto popolarmente come "governo della fame") impone una politica di rigida austerità, imposta al parlamento recalcitrante con un misto di moral suasion del presidente e di ricorso alla decretazione d'urgenza. Alla fine, la crescente opposizione parlamentare al gabinetto Brüning spinge Hindenburg a indire elezioni anticipate.

Le elezioni si svolgono il 14 settembre dello stesso anno e sono disastrose per l'establishment. Un piccolo partito di estrema destra, il Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori (NSDAP), in precedenza rappresentato da soli 12 delegati, ottiene un sorprendente secondo posto alle spalle dei socialdemocratici, con 107 deputati su 577. Adolf Hitler, il leader del partito, non può essere eletto nei Reichstag in qualità di "caporale austriaco", ma lo rappresenta una folta pattuglia di fedelissimi, che include il deputato dell'Alta Baviera Heinrich Himmler, Joseph Goebbels, Hermann Göring, l'avvocato Hans Frank (futuro "governatore generale" della Polonia occupata).

L'anziano Hindenburg non si cura del messaggio antiparlamentare inviato dagli elettori e continua ad affidare a Brüning un governo sempre più svincolato dai partiti. Nel 1932 Brüning, insieme ai partiti di sinistra, di centro e di destra, convince il riluttante Hindenburg a ripresentarsi per un secondo mandato per sbarrare l'ascesa dei nazisti e dei comunisti. Dopo aver sconfitto, a fatica, Hitler nelle elezioni presidenziali (grazie anche alla presenza della candidatura "di disturbo" del comunista Ernst Thälmann), Hindenburg - scontento di dover la sua rielezione anche agli odiati socialdemocratici e allo Zentrum cattolico - licenzia Brüning e lo sostituisce con i governi ancor più "presidenziali" di Franz von Papen e Kurt von Schleicher, fino alla fatale ascesa al cancellierato di Hitler il 30 gennaio 1933.

Le analogie di questo crepuscolo weimariano con la situazione italiana attuale sono impressionanti. Un vecchio presidente viene rieletto, con (più o meno autentica) riluttanza, da tutto l'arco parlamentare per sbarrare la strada alle forze antiparlamentari che hanno fatto irruzione in parlamento. Un governo tecnico seguito inevitabilmente de un governo del presidente, con l'obiettivo di imporre "sacrifici" ritenuti necessari per il risanamento del paese. Un presidente sempre più avviluppato da un circolo interno - la camarilla di Hindenburg, i "saggi" - senza troppi rapporti con la società. E, sopra tutto, una crisi economica devastante, che distrugge i rapporti sociali e crea incertezze sinora - o sin allora - sconosciute.

Fortunatamente, non mancano le differenze. Come Beppe Grillo - con il sorprendente acume politico che, a dispetto di tutto, spesso lo contraddistingue - ha fatto notare più volte, all'Italia è (finora) andata fin troppo bene: invece di Alba Dorata o del Front National, l'antiparlamentarismo si è incarnato in un movimento relativamente mite, fin troppo educato, rispettoso dei meccanismi della "casta" che si vuole distruggere. Ma le analogie spingono a riflettere e - nel mio caso - a rendere pubbliche queste riflessioni.